L’iniziativa si è configurata come un’importante occasione di confronto e condivisione sul futuro della programmazione territoriale in Toscana. Accanto alla presentazione del documento di analisi sui POA, sono state illustrate le nuove linee guida per la costruzione dei PIS e le azioni previste per l’area sociosanitaria e socioassistenziale. È stato un momento di restituzione del lavoro svolto e di apertura verso il nuovo ciclo di programmazione integrata, con l’obiettivo di rafforzare strumenti, metodi e alleanze a servizio delle comunità locali.
Di seguito sono riportati i principali punti emersi dagli interventi dei relatori.
- Barbara Trambusti
Ha aperto l’evento, apprezzando la presenza fisica e notando la maggiore importanza dell’incontro annuale in quanto fa il punto su una legislatura e avvia il nuovo ciclo di programmazione con l’approvazione del PISSIR. Ha portato i saluti del direttore Gelli, ha ringraziato Irene Bargelli e gli ex collaboratori (Nocentini, Ganucci), e ha passato la parola ad Alessandro Salvi e poi a Simone Gheri.
Sul contesto e gli strumenti ha commentato che, rispetto ai modelli di programmazione – siano essi dispersivi o trasversali – la flessibilità è certamente ammessa, ma occorre comunque stabilire dei “paletti” che garantiscano la confrontabilità degli oggetti. L’analisi, infatti, non ha lo scopo di imporre un modello, bensì di fornire ai territori uno strumento utile di valutazione.
Ha ringraziato il lavoro di squadra, sottolineando come senza la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti i risultati raggiunti non sarebbero stati possibili.
Ha poi definito i dati raccolti – come quelli presentati da Michelangelo – un vero e proprio “patrimonio di conoscenza”, cruciale per gli stakeholder quali Società della Salute, Zone Distretto, Comuni e Aziende Sanitarie, che spesso lamentano una carenza di informazioni. Per questo ha incoraggiato a consultare non solo le proprie schede, ma anche quelle degli altri, così da confrontare i modelli, ridurre le diversità e livellare le differenze, affinché i cittadini possano essere realmente “cittadini della stessa regione”.
Ha inoltre evidenziato l’unicità di questo lavoro nel panorama regionale italiano, definendolo un “lavoro unico”.
Infine, ha sottolineato come questo lavoro rappresenti un “bel biglietto da visita” per la gestione del miliardo di euro di risorse, dimostrando che tale gestione si fonda su strumenti già solidi, ma allo stesso tempo suscettibili di essere potenziati e migliorati.
Sulle riforme e politiche si è concentrata innanzitutto su due riforme in atto che incideranno in maniera significativa sulla programmazione: la disabilità e la non autosufficienza.
Per quanto riguarda la disabilità, ha sottolineato che la sperimentazione è già in una fase avanzata, in particolare nell’area fiorentina, e si comincia a comprenderne la reale portata. Diversa è invece la situazione della non autosufficienza, descritta come più critica e lontana dall’attuazione. L’ipotesi di riportare a livello regionale la competenza anche sulla valutazione di parte INPS è stata giudicata “antitetica” rispetto al percorso sulla disabilità e, in generale, “poco piacevole”, tanto da essere oggetto di discussione a livello nazionale. A suo avviso, la grande riforma – con la legge 33 e il decreto legislativo 29 – sembra avere aggiunto ben poco sul nodo centrale: come mettere davvero in rete le risorse disponibili. Su questo punto ha espresso un’opinione definita “un pochino pessimistica”.
Ha inoltre menzionato la politica del “Dopo di Noi”, che assorbe una quota significativa del miliardo di euro. Il modello implementato in Toscana ormai da quasi dieci anni rappresenta, a suo dire, un’esperienza che sarebbe un “peccato dover smontare”. Tuttavia, il quadro resta incerto a causa dei cambiamenti nei criteri di assegnazione delle risorse ministeriali, che tendono a penalizzare alcune regioni privilegiando l’indennità di accompagnamento.
Questa incertezza a livello nazionale, caratterizzata da atti improvvisi e da stanziamenti non prevedibili – come nel caso del riparto del “Dopo di Noi” riferito addirittura a un’annualità già chiusa – rende molto difficile portare avanti una programmazione pluriennale solida.
Nonostante tali difficoltà, ha ribadito l’impegno della Regione a potenziare gli strumenti disponibili, anche su mandato della Conferenza regionale dei sindaci, ponendo particolare attenzione alle Società della Salute e alle Zone Distretto. Queste, ha precisato, devono avere “pari dignità, purché funzionino”, un funzionamento che dipende però in maniera stretta sia dalle risorse economiche che dalla disponibilità delle persone necessarie a garantire la gestione.
Sul tema degli strumenti a disposizione delle Società della Salute e delle Zone Distretto, ha innanzitutto richiamato l’attenzione sulla bozza di Convenzione unica, già firmata da tutte. Ha spiegato che, con il supporto di ANCI, è previsto un lavoro di formazione sui territori per chiarire alcuni aspetti fondamentali, tra cui il fatto che anche la chiusura di una SdS richiede comunque la stipula di una Convenzione conforme all’ordinamento vigente.
Ha poi approfondito la questione degli schemi uniformi di bilancio e personale. Per quanto riguarda il bilancio, ha sottolineato che è stato redatto in maniera analoga a quello aziendale, così da rendere più semplice la tracciabilità dell’impiego del fondo sanitario nella sua componente sanitaria, fornendo così una risposta alle “lecite preoccupazioni” delle direzioni.
Sul fronte del personale, ha ribadito l’importanza che il fabbisogno venga calcolato in stretta collaborazione con l’azienda e successivamente inserito a livello aziendale. Ha insistito sul fatto che non basta una semplice programmazione: le persone richieste devono essere effettivamente assegnate, poiché senza questa condizione non è possibile garantire la gestione delle risorse in maniera adeguata.
- Alessandro Salvi
Ha ringraziato Barbara Trambusti e ha introdotto piste di approfondimento essenziali per la riflessione e la valutazione dei territori in vista dell’apertura del ciclo di programmazione strategica e operativa. Ha definito questo un momento snodo: interpretare e inserire i temi negli atti di programmazione zonale comporterà un significativo passo avanti strategico.
Sul tema dell’amministrazione condivisa e del rapporto con il Terzo Settore, ha osservato che, mentre la coprogettazione appare ormai un metodo più consolidato, la coprogrammazione risulta essere un processo più complesso.
Ha ricordato le esperienze pilota avviate dalla Regione, insieme all’Assessora Spinelli e ad ANCI Toscana, che hanno sperimentato simulazioni di coprogrammazione nei territori di Livorno, Valdinievole e Siena, anche attraverso avvisi pubblici rivolti agli Enti del Terzo Settore.
Parlando del Piano Integrato di Salute, ha precisato che la normativa non impone l’adozione della coprogrammazione per la sua stesura. Tuttavia, ha sottolineato che il risultato di un percorso di coprogrammazione potrebbe tradursi in una riflessione strategica più ampia, capace di valorizzare la dimensione dell’interesse pubblico e quella della comunità.
Infine, ha posto l’accento sulla necessità che gli atti di programmazione zonale contengano linee guida chiare in merito alla partecipazione dei soggetti del Terzo Settore ai bandi regionali – come, ad esempio, il Bando Sociale atteso entro la fine dell’anno – così da rendere coerenti e saldare tra loro le intenzioni espresse dal PISSIR, gli atti zonali e le delibere attuative.
Sul tema del contrasto alla povertà, ha ricordato che sono state approvate le nuove Linee Regionali per gli interventi e i servizi sociali dedicati al contrasto delle povertà, approvate con la Delibera 682/2023.
Ha richiamato l’attenzione anche sullo strumento del Mappa Fondo 2025, già disponibile, che deve essere utilizzato come riferimento per conoscere e orientarsi tra le diverse fonti di finanziamento.
Infine, ha sottolineato l’importanza cruciale dell’integrazione tra sociale e lavoro. Ha ribadito che in ogni zona è indispensabile costituire in modo stabile un’équipe multidisciplinare sociale-lavoro, superando la logica frammentata della singola progettualità, come ad esempio i tirocini o i percorsi GOL. Questa équipe deve avere il compito di definire a monte la risposta più adeguata ai bisogni, rafforzando la collaborazione tra i Centri per l’Impiego – che non sono strutture delle Zone Distretto – e le stesse Zone Distretto, così da saldare in modo organico i due ambiti di intervento.
Sul tema del Servizio Unico di Emergenza Sociale (SEUS) e degli obiettivi di servizio, ha ricordato che è stato approvato il modello con la Delibera 1.292/2023. Attualmente circa i tre quarti delle Zone lo stanno sperimentando, coprendo così l’80% della popolazione regionale. La Regione ha deciso di estendere la fase sperimentale per altri due anni, con l’obiettivo di arrivare a una piena messa a regime su tutto il territorio toscano. Si tratta di un’esperienza unica in Italia, poiché nessun’altra regione ha adottato un modello simile a livello regionale.
Ha inoltre evidenziato il significativo potenziamento della figura degli assistenti sociali: dai 546 presenti nel 2020 si prevede di arrivare a oltre 800 nel 2025. Più della metà degli ambiti ha già raggiunto il rapporto di un assistente sociale ogni 5.000 abitanti, un traguardo reso possibile anche grazie al sostegno del finanziamento nazionale.
Sul tema della coerenza programmatica riguardante carcere, immigrazione e minori, ha sottolineato come sia indispensabile che tutte le attività legate a progetti specifici trovino spazio all’interno degli atti di programmazione zonale, così da elevarne il livello strategico.
Per quanto riguarda l’area carcere e stranieri, ha evidenziato che i progetti di inclusione – come quelli rivolti ai detenuti o all’immigrazione, ad esempio We in Tuscany finanziato con fondi FAMI – possono funzionare soltanto se i servizi di inclusione sociale rivolti a tutta la popolazione risultano efficaci. Ha quindi rimarcato che le Zone Distretto coinvolte devono includere queste azioni nella loro programmazione.
Soffermandosi sull’area minori, ha richiamato innanzitutto la Delibera 1293/2023, con cui è stato istituito il Tavolo Regionale Minori, invitando al tempo stesso a promuovere la costituzione di Tavoli Zonali. Ha ricordato che le Zone hanno il compito di inserire nella programmazione tutte le attività già realizzate in questo ambito, come i Centri per le Famiglie, il programma PIPPI o gli interventi collegati al PNRR.
Infine, ha posto particolare attenzione alla questione dei minori fuori dalla famiglia, che in Toscana sono circa duemila. Ha sottolineato che è decisivo che ogni zona si doti in maniera stabile di un’équipe multidisciplinare composta da assistente sociale, neuropsichiatra, psicologo ed educatore, tutti impegnati a tempo pieno, con una sede comune e una segreteria organizzativa. Tale struttura risulta cruciale per l’analisi dei casi complessi, per garantire maggiore autonomia agli interventi e per contrastare l’elevata media di permanenza dei minori nelle comunità.
Sul tema dei fondi comunitari, ha richiamato con forza l’urgenza della situazione, sottolineando che l’attuale gestione del Fondo Sociale Europeo sta procedendo con gravi difficoltà. Dei 37 milioni destinati all’area socio-lavorativa e dei 25 milioni per l’area socio-sanitaria, le spese certificate risultano infatti bassissime, con il concreto rischio di dover restituire parte delle risorse all’Europa. Un dato particolarmente preoccupante se confrontato con l’eccellente risultato del ciclo precedente 2014-2020, caratterizzato da una spesa certificata pienamente soddisfacente.
Ha quindi ribadito che Aziende Sanitarie, Società della Salute e Comuni devono assumere la gestione dei fondi comunitari come una responsabilità strategica, imprescindibile per non perdere risorse preziose dedicate a interventi fondamentali per adulti, minori e persone con limitazioni dell’autonomia.
Salvi ha ribadito la completa disponibilità del settore regionale.
- Simone Gheri
Simone Gheri ha espresso gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla programmazione e alla pubblicazione dei risultati, in particolare i 28 ambiti territoriali per il loro lavoro operativo. Ha ringraziato il gruppo della Regione (Barbara, Alessandro, Luca Puccetti) e il gruppo di Michelangelo Caiolfa per il lavoro importante e non banale.
Ha sottolineato che è necessario far comprendere agli amministratori quanto sia complessa la realtà. Senza programmazione, non è possibile affrontare le sfide presenti e future. Al di là della problematica delle risorse (fondamentale ma non gestibile a livello locale), la sfida cruciale è garantire che gli investimenti del PNRR siano seguiti da un investimento coerente in risorse umane per rendere operative le strutture finanziate e in via di conclusione.
Per Anci e il sistema dei comuni, la programmazione più possibile territoriale è fondamentale e strategica. Gheri ha espresso grande fiducia nelle Società della Salute e nelle Zone Distretto. Ha dichiarato che personalmente farebbe tutte le Società della Salute, specificando però che questa è una posizione personale e non la posizione ufficiale spinta di Anci Toscana. L’importante è che le zone funzionino, organizzandosi come preferiscono, purché ci sia una forte interrelazione tra sanità, sociosanitario e sociale.
Ha evidenziato la necessità di un ruolo forte e attivo dei sindaci, i quali devono studiare e capire il sistema sociosanitario. Ha suggerito la necessità di informazione e formazione per i sindaci, specialmente per coloro che arrivano per la prima volta. Ha rimarcato che le riforme devono partire dal basso e dal territorio. Imporre riforme dall’alto comporta il rischio di fallimento; il percorso dal basso, sebbene più faticoso e lungo, può dare risultati.
Ha concluso dicendo che, dopo aver presentato il lavoro degli ultimi 6 anni, occorre ripartire per i prossimi anni, inserendo il lavoro zonale nella cornice del nuovo PIS. Anci è a disposizione per supportare i percorsi di coprogrammazione e coprogettazione, esortando i territori ad aderirvi. Ha ringraziato tutti per il grandissimo lavoro svolto e ha invitato a rimboccarsi le maniche per la prossima tappa.
- Michelangelo Caiolfa
Michelangelo Caiolfa ha espresso l’emozione di ritrovarsi in presenza dopo un percorso lunghissimo, iniziato nel 2018 e culminato con la chiusura dei PIS (Piani Integrati di Salute) durante il primissimo lockdown (2020). L’operazione ha coinvolto centinaia di persone e l’esito è raccolto in una pubblicazione.
Ripercorrendo la storia e l’architettura del processo, ha ricordato che tutto ebbe inizio tra il 2017 e il 2018 con le riunioni d’area vasta, convocate per riallineare gli ambiti e costruire un profilo di salute unitario, insieme a un nomenclatore comune. Per la prima volta veniva così unificato il linguaggio del sociale con quello di altri settori.
Da quel percorso è scaturita l’evoluzione logica che ha portato allo sviluppo dell’“Albero della Programmazione”, un modello unico in Italia, articolato su tre livelli: obiettivi di salute, programmi operativi e schede di attività. Una struttura che richiama da vicino sia i PEG e gli obiettivi strategici dei Comuni, sia i budget sanitari.
Su questa base si è poi sviluppato il primo sistema informativo regionale unico, organizzato e articolato per zone, che ha rappresentato un passo decisivo per la gestione e il monitoraggio dei processi.
Infine, ha ricordato che proprio dall’esperienza di programmazione operativa prese forma il Piano Integrato di Salute, avviato nel 2019, con un impianto comune che prevedeva una parte strategica pluriennale e una parte annuale, il POA, concepita per consentire un aggiornamento continuo e scorrevole.
Sul versante dei risultati e dei dati quantitativi, ha evidenziato come il lavoro svolto sia stato di ampia portata: sono state elaborate infatti 23.300 schede operative, 4.000 programmi operativi e 240 obiettivi di salute.
Ha ricordato che questo processo si è dovuto misurare con sfide complesse e impreviste, come la pandemia, l’attuazione del PNRR e le diverse riforme che hanno inciso sul sistema.
Infine, ha sottolineato che la programmazione complessiva gestisce un miliardo di euro intercettato attraverso le azioni dei POA, su un totale di 7,8 miliardi di euro che comprendono risorse sanitarie, sociosanitarie, sociali ed esterne.
Riguardo alle dinamiche della programmazione, ha spiegato che è stato messo a punto un sistema capace di misurare due dimensioni fondamentali: da un lato la complessità, intesa come numerosità delle schede di attività associate a ciascun programma operativo; dall’altro la trasversalità, valutata in base al numero di aree di programmazione incluse all’interno di un programma. Questo strumento è stato concepito per fornire un criterio di valutazione dell’efficacia del lavoro svolto.
L’analisi realizzata ha evidenziato un andamento fortemente positivo: le Zone si sono collocate lungo una diagonale e, progressivamente, si sono raggruppate verso il centro, ovvero la media. Ciò indica una convergenza verso un modo di operare maturo, in grado di bilanciare complessità e trasversalità.
Tra gli aspetti positivi, ha sottolineato l’aumento della collaborazione, il consolidamento e la stabilizzazione del processo di programmazione – descritto come una “routine quasi noiosa” – il rafforzamento della comunità nell’abitare il sistema informativo e l’apprendimento condiviso reso possibile dal confronto.
Ha poi evidenziato alcuni aspetti evolutivi, che non vanno letti in senso negativo: permangono infatti squilibri nella programmazione, si avverte la necessità di organizzare una sessione di autovalutazione e resta aperta la possibilità di far evolvere il sistema informativo fino a trasformarlo in un solido strumento gestionale per la zona, capace di supportare anche il budget integrato di zona.
Parlando delle sfide ancora aperte, ha evidenziato l’importanza di avviare una seconda generazione di Piani Integrati di Salute con una costruzione più consapevole, fondata sull’esperienza maturata negli anni precedenti.
Ha sottolineato la necessità di rafforzare la trasversalità, ricordando che la programmazione a silos rappresenta l’esatto contrario di un piano realmente integrato.
Ha inoltre rimarcato che la programmazione deve essere utilizzata come strumento di apprendimento condiviso e di comparazione, anche grazie al fatto che oggi il deposito degli atti di tutte le zone è visibile e accessibile.
Infine, ha indicato come grande sfida quella di riuscire a mettere insieme in modo coerente le riforme, la programmazione e le risorse stabili, con l’obiettivo di allocare nel modo più efficace possibile risorse che restano complessivamente limitate.
Come prodotto finale del lavoro, ha presentato un quadernetto tascabile di sintesi e tre volumi in formato A4, per un totale di circa 700 pagine, concepiti come veri e propri strumenti operativi a disposizione delle zone e organizzati per Area Vasta.
Ha precisato che questi volumi sono scaricabili dal sito della Comunità di Pratica degli Uffici di Piano e che, per ciascuna zona, contengono tre elementi fondamentali: un profilo sintetico e immediato, l’Albero della Programmazione riassuntivo relativo a tutti e sei gli anni – allineato con il corrispondente valore economico – e, infine, la storiografia della dinamica annuale di ogni programmazione.
- Anna Ajello
Anna Ajello ha espresso gratitudine per il lavoro complesso e partecipato svolto dallo staff, che ha fatto crescere la cultura amministrativa e personale dell’integrazione. Ha presentato le linee guida approvate con la Delibera 900 per la costruzione del PIS, che sintetizzano l’esperienza pluriennale e il confronto con i territori.
Programmazione, Governance e Architettura del PIS
Le linee guida si fondano su principi ben noti alla comunità: la Programmazione come base necessaria per la progettazione di attività e servizi efficaci, efficienti ed economici; la Governance con una dimensione multilivello e largamente partecipata; e il Coordinamento delle politiche, degli interventi e delle persone, gestito attraverso l’amministrazione condivisa (Società della Salute o Convenzione).
Il PIS viene definito come uno strumento dal valore strumentale, con una durata analoga a quella del ciclo di programmazione sociale e sanitaria integrata. La sua architettura è schematizzata in due parti fondamentali: il Profilo di Salute e il Piano Operativo Annuale (POA). La ragione di queste nuove linee guida è triplice: fare tesoro degli indirizzi precedenti (2017 e 2019), raggiungere una maggiore comparabilità e fruibilità dei contenuti, e potenziare gli strumenti di monitoraggio e, auspicabilmente, semplificare l’architettura generale della programmazione.
In termini di contenuti, le linee guida chiedono che il Profilo di Salute descriva in modo preciso le caratteristiche della popolazione, lo stato di salute, i bisogni di salute specifici (incluse le disuguaglianze) e, in particolare, la capacità e i limiti di risposta dei servizi disponibili sul territorio, includendo in questa analisi anche l’offerta del terzo settore e delle reti formali e informali. Sebbene l’Osservatorio Sociale Regionale fornisca una vasta reportistica di supporto, è essenziale che questa sia integrata dalla conoscenza profonda e dalla lettura critica dei dati posseduta da operatori e decisori locali.
Un punto di novità è che il PIS deve non solo garantire la coerenza con gli indirizzi regionali, ma anche individuare obiettivi generali, obiettivi specifici e indicatori di valutazione degli esiti dopo i cinque anni di applicazione del piano. È fondamentale che la programmazione definisca azioni volte al contrasto delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi, tema reso sempre più urgente dalla complessa e mutevole composizione demografica (ad esempio, la pluralità di status giuridici della popolazione straniera).
Le linee guida pongono una maggiore attenzione sulla documentazione del processo partecipativo, sfruttando il lavoro fatto sulla coprogrammazione e la coprogettazione. La partecipazione è vista come un mezzo per rendere trasparenti le scelte, promuovere una governance e una cultura partecipata, e soprattutto, creare o potenziare le reti territoriali di prossimità che rappresentano una risorsa fondamentale in termini di capacità di risposta (ad esempio, il coinvolgimento del mondo sportivo nella prevenzione delle dipendenze giovanili).
Monitoraggio e Valutazione: Il monitoraggio del POA è previsto in due fasi: intermedio (entro il 30 settembre) e finale. A conclusione del ciclo, è richiesta l’analisi dei risultati e la redazione della Relazione sullo Stato di Salute.
La gestione del PIS resta affidata all’Ufficio di Piano, e viene confermata l’importanza di una gestione informatizzata, con l’impegno all’evoluzione dello strumento Proweb per raggiungere un maggiore livello di semplificazione e agevolare il lavoro degli operatori.
- Moreno Toigo (Simurg)
Moreno Toigo ha rassicurato che, nonostante il nuovo Proweb sia in sviluppo, i cambiamenti a livello di interfaccia saranno pochi e le credenziali rimarranno le stesse.
Riguardo all’evoluzione di Proweb, ha sottolineato che il suo successo è dovuto al fatto di essere stato costruito “passo dopo passo”, come un vero e proprio “vestito su misura” cucito sul modo di lavorare della Regione Toscana.
Ha ricordato che il sistema era nato nel 2018 come un semplice file Excel automatizzato e che, attraverso un percorso di sviluppo progressivo, si è trasformato in una vera e propria “banca dati intelligente”.
Infine, ha messo in evidenza l’unicità della Regione Toscana nel panorama nazionale, poiché è l’unica regione in Italia che, almeno in linea teorica, è in grado di sapere con precisione cosa fanno gli ambiti sociali territoriali – inclusi gli aspetti socio-sanitari – riuscendo a gestire complessivamente risorse superiori al miliardo di euro.
Sul tema dell’integrazione con il nuovo PISSIR e dei cambiamenti operativi, ha spiegato che le principali novità si concentreranno sull’avvio del nuovo ciclo di programmazione, con l’adeguamento ai nuovi obiettivi generali – che sostituiranno i driver del vecchio PSSIR – e agli obiettivi specifici.
Ha precisato che la logica rimarrà invariata: i macro obiettivi regionali dovranno essere collegati agli obiettivi di salute dei PIS zonali, mentre gli obiettivi specifici saranno messi in relazione con i programmi operativi.
Un cambiamento rilevante riguarderà la sezione del Dispositivo di Piano, che in passato era bloccata e che adesso sarà completamente aperta alle modifiche.
Ha inoltre sottolineato che i vecchi obiettivi di salute del 2020 saranno rimossi e che le zone saranno chiamate a elaborarne di nuovi, a partire dal Profilo di Salute. Parallelamente, anche le Linee Strategiche Generali saranno aperte a possibili implementazioni.
Infine, ha segnalato che è stato effettuato un investimento specifico per migliorare la velocità del sistema, così da rendere più agevole e funzionale l’utilizzo da parte degli operatori.
Sul tema della continuità e delle novità, ha spiegato che saranno mantenute sia la Banca Dati Storica sia la funzionalità di riporto automatico delle schede e dei programmi operativi dall’anno precedente, che coprono circa il 90% della programmazione. Ha precisato però che anche la programmazione operativa dovrà essere ricollegata ai nuovi obiettivi di salute.
I cambiamenti di contenuto più significativi riguarderanno due aspetti. Il primo è il processo partecipativo: sarà infatti possibile inserire informazioni più dettagliate relative a coprogrammazione, coprogettazione, Cantieri di Salute e Agorà della Salute, comprese la registrazione e la documentazione dei singoli incontri di coinvolgimento dei cittadini durante l’aggiornamento annuale.
Il secondo riguarda il Profilo di Salute, per il quale sarà richiesta un’integrazione descrittiva sui bisogni di salute ai quali i nuovi obiettivi del PIS intendono rispondere. Questo passaggio è pensato per stimolare una riflessione territoriale più approfondita, andando oltre la semplice consultazione e il download dei dati disponibili.
- Pubblico (Intervento)
Un partecipante del pubblico ha chiesto se la data del 28 febbraio per l’approvazione del nuovo PIS rimanga confermata, considerando che la coprogrammazione rappresenta un aggravio della procedura.
- Serena Spinelli
Serena Spinelli ha esordito scusandosi per il ritardo e ha voluto che il convegno si svolgesse per rendere visibile e condiviso il lavoro svolto in questa legislatura, considerandolo un patrimonio da consegnare al prossimo percorso come tratto distintivo della Regione.
Nel suo intervento, Serena Spinelli ha esordito scusandosi per il ritardo e ha voluto sottolineare l’importanza di svolgere il convegno per rendere visibile e condiviso il lavoro portato avanti durante questa legislatura, considerandolo un patrimonio prezioso da consegnare al percorso futuro come tratto distintivo della Regione.
Ha rimarcato la necessità della programmazione come strumento fondamentale per condividere gli obiettivi nei territori, in stretta connessione con il Piano Socio Sanitario Regionale.
Ha voluto la presenza dei “costruttori” – Trambusti, Salvi e Gheri – per dare una rappresentanza concreta al fatto che “qui si lavora insieme”, con l’obiettivo comune di mettere realmente le persone al centro delle politiche e degli interventi.
Ha insistito sull’urgenza di una maggiore condivisione e integrazione tra la parte sociosanitaria regionale e aziendale e la programmazione degli enti locali, ossia Zone Distretto e Società della Salute. Per il cittadino, infatti, ciò che conta è l’accesso ai servizi, e tutti gli atti amministrativi devono concorrere a disegnare un unico sistema connesso.
Ha difeso con forza la scelta di sistema compiuta dalla Regione, ricordando come alcune delibere – ad esempio la 1508 – avessero già anticipato parte della riflessione, ereditando il percorso avviato con la modifica della Legge 40 che configurava le zone come socio-sanitarie. Questo impianto, che precedeva il Decreto 229/99, riafferma con chiarezza che il sistema territoriale è parte integrante dell’intero sistema socio-sanitario regionale.
Ha affermato che l’approccio territoriale e integrato rappresenta l’unico modo per affrontare le grandi sfide contemporanee e le criticità epidemiologiche, dall’invecchiamento alla condizione dei minori, fino all’aumento della povertà.
Ha espresso l’ambizione che il modello di cura toscano non rimanga confinato alla Regione, ma possa diventare un punto di riferimento nazionale.
Ha sostenuto che la sostenibilità si raggiunge se la cura delle persone diventa un obiettivo dell’intero sistema Paese e se viene riconosciuta come modello di sviluppo economico. Questo risultato, ha aggiunto, dipende non solo da un finanziamento adeguato, ma anche da “iniezioni di innovazione” e da una forte programmazione del personale all’interno delle zone.
Ha infine concluso ribadendo che abbandonare la programmazione per limitarsi a “dare un po’ di assegni di cura” significherebbe rinunciare al compito fondamentale di assumersi la responsabilità della qualità della vita della comunità. Ha chiuso ringraziando per la competenza, la passione e lo spirito di condivisione dimostrati.